“Mia zia, figlia primogenita della mia famiglia materna, fu la prima a trasferirsi nella DDR come lavoratrice a contratto. Trascorso un po’ di tempo, cominciò a mandarci delle lettere. Ci raccontava di quanto fosse bella la vita in Germania e molto altro. Non parlava quasi mai di privazioni e discriminazioni. Più tardi, quando nel 2014 andai a trovarla per la prima volta, mi stupì di quanto fosse effettivamente difficile la sua vita. A dire il vero, di tanto in tanto mi ripeteva di fare attenzione durante le comunicazioni, dato che le chiamate e i messaggi potevano essere registrati. Fu solo in seguito che compresi perché fosse così ossessionata da questo timore: nella maggior parte dei casi, al di fuori del lavoro, la comunicazione tra i lavoratori a contratto e i cittadini tedeschi era severamente vietata e sottoposta a controlli da parte delle autorità sia tedesche che vietnamite. Mi chiedo quanto vi fosse di vero nelle lettere che inviava a casa oltreoceano, e quanto di questo fosse di fatto diventato realtà in ciò che percepiva”.