Rifiutando le binarizzazioni oppositive di “casa” e “lontano”, To Be In and Out of the World illustra una politica visiva della spoliazione “post”-coloniale attraverso una triangolazione tra Hong Kong/Cina, Palestina/Israele e Sudafrica, attraverso le opere di Tiffany Sia, Ahlam Shibli e Nolan Oswald Dennis, rispettivamente.
La mostra è concettualmente articolata attraverso la “coscienza nera dello spazio” diagrammatica di Dennis: una spazializzazione immaginativa della politica statale, della memoria e della metafisica del territorio. Il contrasto di Shibli tra l’instabilità dell’esistenza dentro e fuori il riconoscimento statale pone il lavoratore ospite condizionatamente e burocraticamente leggibile in Germania contro il palestinese socialmente deceduto nella Cisgiordania occupata. La sfida di Sia alle insistenze visive della leggibilità coinvolge la precarietà dell’affidabilità della propria narrazione e/contro l’onnipotenza della storicità statale — la sua geopoetica del “non luogo” si realizza attraverso lo sguardo di un bambino.